Fonte (modificato):
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/01/28/la-forza-della-farina/
Il grano, o frumento, tenero (Triticum aestivum) è originario del medio oriente. La sua farina è alla base di moltissime preparazioni: pane, pizze, focacce, torte, brioches, biscotti, dolci lievitati e così via.
I più grandi produttori di grano tenero (fonte FAOstat) sono Cina, India, Usa e Russia. L’Italia nel 2007 era al 19° posto e non essendo autosufficienti importiamo il 70% del frumento che consumiamo. Siamo invece al secondo posto dietro il Canada come produttori di grano duro, che usiamo principalmente per produrre pasta, ma anche in questo caso siamo costretti a importarne il 40%. La superficie coltivata a grano, sia duro che tenero, in Italia è diminuita negli ultimi 20 anni
La farina di grano tenero è composta per la maggior parte da amido (64%-74%) e proteine (9%-15%), principalmente glutenina e gliadina. Queste, a contatto con l’acqua e per azione meccanica, si legano fra loro e formano un complesso proteico chiamato glutine, creando una specie di maglia elastica. Il glutine assorbe una volta e mezzo il suo peso in acqua, e durante la lievitazione trattiene l’anidride carbonica sviluppata dal lievito.
Lievitazione biologica
Lievito + zucchero → Alcool + aromi + CO2
Classificazione delle farine
Qui potete vedere una rappresentazione grafica di un chicco di grano o, più precisamente, di una cariosside. La buccia esterna, i tegumenti, costituisce la crusca. Abbiamo poi il germe o embrione e infine l’endosperma, cioè la parte che, contenendo l’amido e le proteine che formano il glutine, più ci interessa. Nella produzione della farina il chicco viene privato del germe e dell’involucro esterno. L’endosperma viene poi rotto e macinato in fasi successive per produrre una farina del tipo desiderato. Poiché la crusca è più ricca di minerali mentre l’endosperma, ricco di amido, ne contiene molti meno, la legge italiana ha deciso di classificare le farine in commercio in base al contenuto di minerali. O meglio, vengono classificate in base alle ceneri, cioè a quello che rimane dopo aver bruciato la farina (i minerali e i loro ossidi non bruciano). Più è basso il contenuto di ceneri, più la farina è stata prodotta con il solo endosperma, e più è bianca. La farina “integrale” avrà invece il massimo contenuto di ceneri perché tutto il chicco è stato utilizzato e sarà più scura. Nell’industria molitoria di parla di abburattamento, cioè della percentuale di farina estratta da un chicco. La “resa” insomma. L’analisi delle ceneri di una farina è quindi una misura dell’abburattamento ottenuto. La legge italiana classifica le farine di grano tenero nei tipi 00, 0, 1, 2 e integrale.
Tipo di Farina
|
Umidità max
|
Ceneri min
|
Ceneri max
|
Proteine min
|
Abburattamento
|
00
|
14.50%
|
–
|
0.55%
|
9.00%
|
50%
|
0
|
14.50%
|
–
|
0.65%
|
11.00%
|
72%
|
1
|
14.50%
|
–
|
0.80%
|
12.00%
|
80%
|
2
|
14.50%
|
–
|
0.95%
|
12.00%
|
85%
|
Integrale
|
14.50%
|
1.30%
|
1.70%
|
12.00%
|
100%
|
Altre farine
A queste farine se ne aggiungono altre meno universali, ma comunque molto presenti a livello locale.
Farina di mais: usata nella regione americana è una farina che viene generalmente sbiancata con soda caustica e impiegata per fare le tortillas.
Farina di riso: è una farina impiegata soprattutto in oriente, generalmente la farina che si trova è amido puro, anche se in commercio si trova la farina integrale.
Farina di farro: è un parente stretto del grano e si presta da una ragionevole levitazione, più o meno agli stessi livelli del grano duro. Conferisce al pane un sapore rustico.
Farina di grano saraceno: è una farina che non appartiene ai cereali e si ricava per ottenere prodotti tipici come i pizzoccheri, alcuni dolci, e la polenta taragna. E’ ricco di proteine ma non contiene glutine pertanto per panificarlo va aggiunta una farina ad alta forza.
Farina di segale: è una farina molto utilizzata nel nord Europa per ottenere un pane molto scuro, viene mischiata spesso con farina di frumento perché povera di glutine. Ha poche proteine e quindi poco glutine e di conseguenza lievita con difficoltà. Assorbe però molta acqua ed è adatta a fare pane a lunga conservazione.
W: cos’è?
Un apparecchio, l’Alveografo di Chopin, inventato nel 1921 da Marcel Chopin, fornisce un indice che viene ormai comunemente utilizzato da panificatori professionisti e, ultimamente, anche dagli amatori: W, spesso un po’ impropriamente chiamato forza della farina.
Nell’alveografo viene soffiata dell’aria nel centro di un disco di pasta di peso e idratazione standard per produrre una bolla, in modo da simulare l’effetto della lievitazione, e misurare la capacità dell’impasto di trattenere il gas. Sotto l’effetto della pressione dell’aria insufflata la bolla si espande sino a rompersi. Il risultato di questa prova è un Alveogramma, che riporta un grafico della pressione (P) in funzione dell’estensione (L) della bolla di impasto.
Il massimo della curva identifica P, che rappresenta la tenacità del glutine, mentre L rappresenta l’estensibilità: più è elevata e più l’impasto è estensibile.
Ai fini pratici questi due parametri vengono combinati, dividendoli tra loro, per calcolare l’indice P/L. Il valore di riferimento è di 0.5. Una farina per biscotti avrà un valore di W e di P/L bassi (ad esempio W=100 e P/L = 0.4) mentre una farina per prodotti lievitati avrà W e P/L alti (ad esempio W=350 e P/L=0.6). Un valore di P/L troppo alto indica una farina troppo resistente e poco estendibile, di difficile lavorazione. Al contrario, un P/L troppo basso indica una farina poco resistente e troppo estendibile
Farine con W tra 90 e 160 sono dette ‘farine deboli’. Hanno un basso contenuto proteico, solitamente 9%, e vengono utilizzate per produrre biscotti secchi o gallette. Farine con W compreso tra 160 e 250 hanno una forza media. Sono usate ad esempio per il pane pugliese o quello francese, per impasti diretti o lievitazioni brevi, per pizze e focacce.